Il CONTO sul RETAIL – intervista al presidente Mamoli su Pambianco News
Articolo-intervista a Mauro Mamoli sul Pambianco Design n.2/2020
A RISCHIO LA DISTRIBUZIONE TRADIZIONALE, PERNO DEL SISTEMA ARREDO IN EUROPA. MAMOLI (FEDERMOBILI): “SENZA IL MERCATO INTERNO, I PRODUTTORI
NON POTRANNO REGGERE L’URTO”. LA RICADUTA A LIVELLO INTERNAZIONALE
La chiusura forzata dell’occidente pone seri interrogativi sulla capacità di tenuta del sistema retail nell’arredo. Un sistema che, sulla base dei dati Csil in possesso di Federmobili, la federazione italiana dei negozianti d’arredo, è prevalentemente fondato sulla distribuzione specializzata. Il quadro generale che pone a confronto i cinque principali Paesi europei evidenzia infatti una quota minima del 67%, quella del Regno Unito, legata a questo tipo di distribuzione, che comprende gli indipendenti, i gruppi d’acquisto e i franchising, per arrivare a un massimo del 90% in Italia. Solo in Gran Bretagna si può parlare di un peso rilevante di grandi magazzini e online, prossimi a un terzo del totale, che per struttura patrimoniale potrebbero essere in grado di affrontare un lockdown con la necessaria solidità.
L’APPELLO
Nel caso italiano, le problematiche si aggravano perché la maggior parte degli operatori dispone di un solo punto vendita. Nel 2019, il business della distribuzione di mobili per la casa è stato calcolato da Csil in poco più di 14,6 miliardi di euro, ed è stato generato per quasi il 60% dagli operatori tradizionali contro un 30% di distribuzione organizzata.
L’online, pur essendo cresciuto a due cifre, rappresenta meno del 4% della torta. Quasi l’80% delle società opera nel mercato con un solo negozio, il 15% con due negozi, il restante 5% dai tre negozi in su. La domanda è inevitabile: quanti riusciranno a sopravvivere?
Mauro Mamoli, presidente nazionale di Federmobili, replica secco: “Non voglio tracciare scenari apocalittici, ma occorre essere realisti. La differenza tra noi commercianti e i nostri fornitori è di un mese: se non arriverà un accordo tra governo e banche per allargare le maglie del credito, i nostri associati più virtuosi
avranno due mesi di vita e quelli meno virtuosi un mese soltanto, mentre nell’industria il corrispettivo è di tre mesi per i più bravi e due mesi per gli altri”.
La tempesta del virus si è scatenata in un contesto economico e finanziario già debole per i distributori italiani. “Siamo inevitabilmente legati al mercato interno, che non andava particolarmente bene”, evidenzia Mamoli.
“E poi – aggiunge – il retail è sottoposto a costi fissi e pressione fiscale molto alti. Ora l’emergenza ha creato una crisi economica senza precedenti e occorre trovare una soluzione politica, perché il sistema arredo è un pilastro del made in Italy e non soltanto per la sua immagine, ma anche per il prodotto interno lordo che genera. Ed è vero che i produttori italiani prosperano all’estero, ma senza il mercato interno non potranno reggere l’urto”. Le soluzioni richieste da Federmobili, che può far leva sull’appoggio delle rappresentanze dei propri fornitori, sono almeno due. La prima è l’iniezione di liquidità per poter reggere l’urto della crisi, sperando che la riapertura
delle attività sia quanto più rapida; la seconda è la concessione di incentivi per spingere i consumatori italiani a rinnovare gli arredi, investendo nella casa e contribuendo a far ripartire la macchina ora in panne.
LA LEZIONE
Questo è anche il momento dei mea culpa e di rimettere in discussione quei dogmi tipici del comparto arredo. A cominciare dalla chiusura verso l’online. Le considerazioni sul fatto che l’e-commerce non fosse un canale adatto ai mobili per la casa, adducendo ragioni Ritratto Mauro Mamoli, presidente di Federmobili tecniche (il problema del montaggio) o la semplice necessità di ‘toccare con mano’ il futuro acquisto, aggiungendo pure il ruolo della consulenza ‘in store’, sono franate di fronte alla chiusura forzata degli stessi negozi. E se è vero che l’e-commerce in una situazione così eccezionale non poteva comunque rappresentare
la soluzione del problema, è lo stesso Mamoli ad ammettere che qualcosa in più si sarebbe potuto fare utilizzando il digitale come supporto, non necessariamente mirato alla vendita. “Chiuso il negozio fisico, abbiamo un’ottima palestra a disposizione per testare le soluzioni che il digital ci offre in termini di comunicazione, marketing,
interazione tra fisico e virtuale, individuazione di nuovi sistemi di vendita. Questa sarà la scommessa del commercio per i prossimi anni. E la necessità di investire nella multicanalità si è manifestata in maniera drammatica con quest’emergenza. L’errore è stato quello di aver pensato che il digitale si esaurisse nella vendita online dei prodotti che trattiamo”. Gli esempi da seguire? Su tutti, Mamoli cita Lago: “Parliamo dell’unica azienda che ha dato vita a un progetto nel quale le dimensioni online e offline non sono conflittuali”. E poi il tentativo di Scavolini, focalizzato sul consumer con l’obiettivo di creare interesse per poi raccogliere i risultati dell’investimento in negozio fisico.
“Nel mondo delle auto, se ci pensiamo, è normale che l’approccio al cliente finale sia effettuato online, ma poi l’acquisto dell’auto nuova viene finalizzato in concessionaria. Tutto questo, nel mondo dell’arredo, non era stato compreso. E ora l’emergenza ci costringe a riflettere e a cambiare i nostri modelli, arrivando
a un patto tra produttori e retailer per ingaggiare online, con efficacia, il consumatore”.
IL QUADRO EUROPEO
Le perdite che il mobile italiano è destinato a subire nel mercato domestico non potranno essere compensate in Europa o almeno non nel canale distributivo, che nei principali mercati di destinazione del nostro arredo era già in fase critica. In Germania, secondo lo studio condotto da Italian Trade Agency sui dati 2018, l’ultimo anno considerato era già stato caratterizzato da una flessione del 2,1% del commercio al dettaglio, per un valore complessivo di 32,9 miliardi di euro. Per il 2019, anno di cui non si conoscono ancora i dati conclusivi,l’associazione di categoria Vdm aveva inizialmente ipotizzato un andamento stabile del business, ma poi la situazione
economica del Paese è peggiorata e ora, nonostante la Germania non abbia scelto la strada del lockdown, è abbastanza improbabile che possa recuperare terreno. Peraltro, la metà del business è in possesso delle prime dieci catene distributive, con il leader Ikea che domina la scena con circa 5 miliardi di fatturato interno, e l’unico canale in forte sviluppo è naturalmente l’online.
In Francia, sempre secondo i dati in possesso di Ita, già il 2018 era stato un anno complicato sul fronte delle vendite al dettaglio, in flessione del 2,7% a 9,5 miliardi di euro: in un solo anno, i francesi avevano speso 250 milioni di euro in meno per l’acquisto di mobili. E il 2019, stando alle sensazioni, dovrebbe essere andato molto peggio, date le tensioni politiche che hanno caratterizzato la vita del Paese nella prima parte dell’anno. Ora la Francia, prima destinazione per l’export del mobile italiano, attraversa una situazione molto simile alla nostra. Va infine sottolineato come, fino al 2018, l’unico ambito della casa dove si stavano verificando degli aumenti di consumi fosse quello delle cucine (+1,1% a 2,6 miliardi di euro), in genere presidiato da produttori locali, mentre i mobili per la casa erano già in calo del 5,2%, per un giro d’affari di 2,9 miliardi, e l’imbottito (divani, poltrone e sofà) scendeva del 4,7% a 2,3 miliardi di euro.
Vista la situazione europea, e tenendo conto delle difficoltà sorte in Cina proprio con la diffusione del coronavirus, è logico che la maggior parte delle aspettative legate al retail da parte delle aziende italiane fosse rivolta agli Stati Uniti, un mercato da quasi 115 miliardi di dollari di consumer spending nell’ambito del mobile e con prospettive di ulteriore incremento che, anche in questo caso, si sono scontrate con l’ostacolo del contagio.
1 Comment
Commento/intervista assolutamente condivisibile e per quanto “cruda” decisamente veritiera
Ancora una volta la lucidità e il pragmatismo del Presidente di Federmobili balzano agli occhi,fermo restando che come lui stesso sottolinea difficile nn significa impossibile e quindi il Made in Italy ancora una volta deve rimboccarci le maniche d soccorrere fattivamente il PAESE!!!!!